Le classifiche, rese allettanti dall’information design, sono diventate il nuovo mantra per i marketers e i pubblicitari. Ma come vengono combinati i dati? Ecco quando sono inutili o addirittura inventate.
Siamo sommersi di classifiche e di dati ogni giorno. L’avvento in Italia dell’information design negli ultimi anni ha potenziato questa tendenza già presente nel mondo digital.
Ci vengono presentate valutazioni metriche autorevoli con variabili che però rimangono nascoste.
Gli algoritmi che strutturano i dati permettono di formare queste classifiche, ma quali sono gli elementi presi in considerazione?
Conta solo il dato quantitativo o anche quello qualitativo? E nelle classifiche come si intrecciano questi due aspetti? Che peso hanno?
L’elemento che mi sorprende sempre è la classifica delle prestazioni delle università italiane. Solitamente vicino ai tempi delle immatricolazione escono queste classifiche che si differenziano di molto nei dati proposti. Quindi ad esempio l’università A può essere prima in una classifica e anche fuori dalla Top Ten in altre.
Infatti ciò che rimane sempre misterioso in queste ricerche sono i parametri misurati, le percentuali attribuite e come vengono intersecati i dati tra di loro.
Contano solo i tempi record di laurea o anche il tempo necessario per l’inserimento lavorativo? E se li prendiamo in considerazione entrambi che percentuale possiamo attribuire?
È chiaro che la combinazione di questi dati crea classifiche differenti o addirittura divergenti.
Ci sono quindi valutazioni e classifiche che apparentemente esistono per darci informazioni e dovremmo usare queste informazioni per cambiare il nostro comportamento.
Ma se non conosciamo quali sono le variabili importanti, come potrebbero esserci utili?
Solo perché qualsiasi realtà può essere facilmente misurata con delle cifre, non significa che quella realtà sia necessaria, importante o utile.
I marketers hanno imparato molto tempo fa che la gente ama le classifiche e le specialità del giorno.
Il modo migliore per aumentare le vendite è mettere qualcosa in una piccola scatola nel menu e, in caso di dubbio, classificare le cose.
E a volte le persone addirittura inventano le classifiche.
Facciamo quindi attenzione alle classiche che non mettono in evidenza i dati utilizzati e come vengono combinati.
Solitamente quelle inefficaci e fuorvianti sono quelle che espongono solo il dato numerico del campione preso in considerazione. Ma questo dato quantitativo oramai sappiamo che è insufficiente per guidare il pubblico, anche se molte volte riesce a condizionarlo.
E spero che queste classifiche non guidino i pubblicitari e marketers nelle scelte creative, strategiche e comunicative.
Neuromarketing e neurobranding
Live streaming Facebook
17/02/2021
Tutored & JEBV – Neurobranding: l’uso degli archetipi per creare una strategia marketing vincente
Live streaming
08/02/2021
Brand storming – L’ingegneria delle emozioni: come usarle nel neurobranding
Live streaming
21/12/2020