La marca funziona come un placebo. La visual identity di un prodotto cambia la percezione del consumatore e, a sua volta, quelle percezioni alterano la natura del prodotto. Un corretto brand positioning deve utilizzare le neuroscienze.
Tutti conosciamo l’effetto placebo. È risaputo che qualsiasi rimedio farmacologico, scientificamente dimostrato, ha due risultati terapeutici: un esito farmacologico vero e proprio, legato al principio attivo contenuto nel farmaco, e un effetto placebo, legato al fatto che l’idea di assumere una sostanza con potere curativo ha di per sé un potere curativo.
L’effetto placebo è dovuto al fatto che l’attesa di un miglioramento causa il rilascio nell’organismo di sostanze “terapeutiche”, come le endorfine e l’adenosina (antidolorifiche) o l’adrenalina (che permette di gestire meglio gli stress). Un elevato effetto “placebo” (e quindi terapeutico) hanno anche le carezze, la musica, la voce, le relazioni umane positive.
L’epidemiologo clinico dell’Università di Amsterdam Anton de Craen nel 1996 ha realizzato 12 studi e ha scoperto che gli antidolorifici rossi sono più efficaci di quelli blu. Il colore rosso infatti richiama archetipicamente nel cervello dei pazienti le connotazioni con forza e potenza, rendendo la medicina più potente. Mentre il blu evoca immagini calmanti come il cielo e il mare. Per un antidolorifico, la forza è più importante della calma.
Ogni giorno vengono spesi milioni di dollari di antidolorifici. Si penserebbe che i marketers avendo queste nozioni possano utilizzarle nella creazione di un prodotto. In realtà non lo fanno!
Solo uno su sette degli antidolorifici più venduti nel Regno Unito è rosso.
Questo funzionamento del nostro cervello non è utilizzato ed è un grosso errore.
La marca funziona come un placebo. La visual identity di un prodotto cambia la percezione del consumatore e, a sua volta, quelle percezioni alterano la natura del prodotto. Ne deriva che per un corretto brand positioning è necessario utilizzare le neuroscienze.
Più di ogni altra forma di misurazione, gli esperimenti con il placebo dimostrano il vero potere della marca.
I marketers continuano a commettere semplici errori ogni giorno, nonostante l’abbondanza di informazioni disponibili e i libri scritti sull’argomento. Pigrizia? Certezza nelle proprie convinzioni?
Se questa carenza è una brutta notizia per la maggior parte dei marketer, è una buona notizia per chi invece studia le neuroscienze perché avrà un vantaggio competitivo nel mercato.
PRIMO ERRORE: i gusti dei consumatori stanno cambiando
Spesso pensiamo che i consumatori siano irrazionali cambiando facilmente le loro opinioni e opzioni di acquisto. Questo non è vero anche perché altrimenti sarebbe facilissimo spostare consumatori da un’azienda ad un’altra.
Probabilmente i marketers non conoscono come funziona la brand resonance che è la valutazione della risposta del consumatore nei confronti del brand.
Vi sono 4 elementi che si collegano tra di loro per determinare la brand resonance: la fedeltà comportamentale, l’attaccamento, il senso di appartenenza e il coinvolgimento attivo.
La fedeltà comportamentale avviene nel momento in cui il consumatore dimostra una lealtà nei confronti del brand preferendolo e scegliendolo sempre rispetto alle alternative presenti sul mercato; l’attaccamento al brand si realizza nel momento in cui il pubblico abbina una connotazione emotiva intensa al prodotto stesso; il senso di appartenenza si concretizza quando il consumatore esprime una fierezza nell’essere riconosciuto come un soggetto fedele e vicino al brand tanto da sentirsi molto simile all’azienda stessa in termini valoriali ed emozionali; il coinvolgimento attivo avviene quando l’acquirente è disposto ad impegnare il proprio tempo e le proprie energie per sponsorizzare il prodotto stesso.
Non appena un nuovo concorrente entra nel nostro mercato bisognerà lavorare sul rafforzare questi 4 elementi per comunicare con i nostri clienti fedeli. Mentre alcuni marketers cambiano le campagne e la strategia per essere sempre al passo con le sempre più mutevoli preferenze dei consumatori.
SECONDO ERRORE: i consumatori preferiscono scegliere
La saggezza convenzionale dice che più scelte sono migliori in quanto i consumatori sono più propensi a trovare un prodotto che gli piace, e le aziende più contente di occupare più spazio sugli scaffali.
Bene, è un errore.
La legge che guida oggi il consumatore è: il principio della scarsità.
Sheena Iyengar, docente di Business Management alla Columbia Business School ha compiuto diverse ricerche sul campo.
Il principio della scarsità è stato utilizzato da Apple per anni creando sempre una grande attesa sull’uscita dei propri prodotti.
È contro-intuitivo, ma fare affermazioni più strette può essere molto più efficace di fare la più ampia richiesta che puoi.
TERZO ERRORE: il marketing personalizzato è più efficace
Molti marketer predicano ancora che il marketing personalizzato sia la via da seguire per imporsi nel mercato. Ma le ricerche odierne suggeriscono il contrario.
Richard Shotton nel suo libro intitolato The choise factory. 25 behavioural biases that influence what we buy ha rilevato che il 36% dei consumatori ritiene completamente inaccettabili gli annunci personalizzati.
Una strategia più efficace e meno rischiosa è la localizzazione.
Shotton ha dimostrato il potere della localizzazione con la campagna Give Blood del National Health Service del Regno Unito. La modifica del testo pubblicitario da “scorte di sangue in tutto il Regno Unito sono scarse, per favore aiutate” a “le scorte di sangue sono basse a Brighton (o Bristol o Birmingham), per favore aiutatemi”.
Il cambiamento ha comportato un miglioramento del 10% del costo per donazione.
QUARTO ERRORE: le ricerche di mercato sono sempre corrette
Nel 1985 Coca-Cola ha sviluppato una nuova versione di Coca-Cola.
Lavorarono instancabilmente per assicurarsi che la nuova Coca-Cola avesse un sapore migliore. Dopo anni di lavoro e mesi di test sui consumatori, l’hanno finalmente fatto. Hanno trovato un sapore che ogni gruppo di ricerca ha detto di preferire.
Quell’anno Coca-Cola lanciò la New Coke. È stato un errore senza precedenti. 40.000 consumatori si sono lamentati. In soli 3 mesi Coca-Cola tornò sui suoi passi.
L’errore è stato di basarsi sulle ricerche quantitative e fermarsi al loro valore nominale, numerico.
È ovvio che bisogna monitorare i gusti, le preferenze e le modalità di consumo del pubblico ma accanto al dato quantitativo serve quello qualitativo.
Ad esempio un’analisi qualitativa semantica del parlato e del visual sui social network del settore in cui si opera è fondamentale.
Condivido pienamente quanto detto da Paolo Errico, Chief Executive Officer di Maxfone quando parla di Narrazioni parallele che oggi sono importanti per una ricerca qualitativa. Qui trovi la sua posizione in un articolo di LinkedIn.
I pubblicitari che ignorano la ricerca sono pericolosi quanto i generali che ignorano le decodifiche dei segnali dei nemici.
Un corretto brand positioning, studiato con l’ausilio delle neuroscienze e dei dispositivi della semiotica digitale, permette di aumentare il valore percepito da parte del pubblico sul prodotto rafforzandone l’identità di marca.
I contenuti dell’articolo sono presenti modo esteso e completo in questo mio libro.
Editore: Dario Flaccovio Editore
Collana: WebBook
Data di Pubblicazione: 1 settembre 2018 (seconda ristampa aggiornata)
ISBN: 788857907413
Pagine: 340
Costo: 24,65 euro
Formato: brossura
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