Si continua a dire che è l’epoca del video e che le aziende per essere memorizzate e realizzare un corretto brand positioning devono creare contenuti video accattivanti. Ma è proprio così? Qui la ricerca dell’University College di Londra.
Le storie giocano un ruolo fondamentale nella cultura umana e tutti sappiamo il ruolo fondamentale dello storytelling. Le storie forniscono un meccanismo per condividere l’identità culturale, impartire conoscenza, rivelare credenze, rafforzare i legami sociali e fornire anche svago e divertimento che sono fondamentali per tutte le società umane.
All’University College di Londra hanno condotto una ricerca in cui hanno studiato l’incidenza con cui il mezzo di consegna di una storia (audio o visivo) abbia interessato l’impegno consapevole o inconscio da parte del pubblico nei confronti della narrazione.
Sebbene i partecipanti abbiano auto-riferito un maggiore coinvolgimento per la visione di video rispetto all’ascolto di scene uditive, hanno avuto risposte fisiologiche più forti per le storie uditive, tra cui frequenze cardiache più elevate, maggiore attività elettrodermica e temperature corporee più elevate.
I ricercatori quindi affermano che queste scoperte sono la prova fisiologica che le storie sono più cognitivamente ed emotivamente coinvolgenti quando sono presentate in un formato audio. Questo è anche facilmente spiegabile grazie al fatto che ascoltare una storia è un processo più attivo di co-creazione piuttosto che guardare un video, in quanto entra maggiormente in gioco l’immaginazione.
Questi studi potrebbero però non essere la risposta definitiva della domanda se è meglio nella memorizzazione di un brand l’audio o il video, ma è sicuramente un risultato provocatorio.
Nella ricerca sono state proposte ai soggetti scene drammatiche tratte dal telefilm Game of Thrones, o film come Orgoglio e pregiudizio o Il Codice Da Vinci. Tutti prodotti comunque popolari e mainstream.
Le versioni audio non erano semplicemente le tracce audio dei video scelti, ma le letture delle stesse scene descritte nei romanzi. Mentre i soggetti ascoltavano o guardavano, i ricercatori misuravano la loro frequenza cardiaca, la risposta galvanica della pelle (un indicatore dell’emozione) e la temperatura corporea.
Qui i dati di Game of Thrones.
I soggetti della ricerca hanno riferito che l’esperienza video è stata sicuramente più coinvolgente. Nelle loro risposte infatti hanno evidenziato che il video permetteva una migliore attenzione, un grado superiore di coinvolgimento, e che gli sembrava di essere maggiormente presenti dentro la storia.
Ma sappiamo benissimo che ciò che il pubblico decodifica di sé non sempre è corretto e le ricerche di neuromarketing l’hanno dimostrato.
Ciò che noi conosciamo di noi stessi, non è che una parte, forse una piccolissima parte di quello che noi siamo.
E tante e tante cose, in certi momenti eccezionali, noi sorprendiamo in noi stessi, percezioni, ragionamenti, stati di coscienza che son veramente oltre i limiti relativi della nostra esistenza normale e cosciente.
Nell’ascolto dei contributi audio però i soggetti hanno riportato frequenze cardiache più elevate. I ricercatori hanno interpretato questo dato come un indicatore del fatto che il contenuto audio richiede un’immaginazione attiva da parte dell’ascoltatore rispetto all’osservatore passivo di un video.
La ricerca però evidenzia che il movimento corporeo dei soggetti potrebbe aver influenzato le misure biometriche. Infatti gli spettatori di un video tendono a rimanere più passivi e quindi immobili, concentrandosi maggiormente sulla scena drammatica. Gli ascoltatori audio invece hanno più libertà di movimento, in quanto non devono focalizzare l’attenzione su uno schermo ma devono compiere un atto di introversione.
Una cosa però è certa: l’audio permette di sviluppare un’immaginazione straordinaria e di completare i contenuti narrativi con i propri ricordi e le proprie emozioni, con i propri archetipi. Sono le regole di In return Keepsake e Plot Hole facenti parte delle 15 Leggi di Diamante che ho esposto nel mio libro Brand positioning.
L’audio inoltre permette una fruizione più diffusa nello spazio e nel tempo. Posso ascoltare un audio in auto, in bici, correndo, mentre si fa sport…
Quindi si può usare l’audio in modo efficace per la memorizzazione del proprio brand, e basta imparare dai migliori. Tra i podcast sicuramente a livello narrativo-emozionale spicca il programma, oramai chiuso da un po’ di anni, Destini incrociati di Radio 24 con la splendida voce di Angelo Donato Colombo. Vi consiglio di ascoltare alcuni episodi perché la costruzione tecnica e l’incalzare emozionale sono straordinari. Oppure Dee Giallo di Carlo Lucarelli.
Si può quindi coinvolgere il pubblico usando solo l’audio ma sarà necessario usare un linguaggio descrittivo ed evocativo che impegni al massimo l’immaginazione dell’ascoltatore. Ti consiglio di usare le parole dette sensoriali che cioè creano nel pubblico la necessità d’immedesimazione attraverso i sensi. In questo modo il cervello dovrà lavorare maggiormente nella ricostruzione di ciò che è stato raccontato.
Ma l’audio può essere anche usato in modo straordinario per creare un sound branding che caratterizzi l’azienda oltre al logo grafico. Qui il mio articolo dal titolo: Sound branding: la memorizzazione diventa più immediata e rapida.
Qui è possibile scaricare la ricerca completa dal titolo: Measuring narrative engagement: The heart tells the story.
PS: per dovere di informazione.
Leggendo bene la ricerca si può evince che è stata sponsorizzata da Audible che è una delle più importanti multinazionali produttrice e venditrice di programmi di intrattenimento, informazione e formazione audio distribuiti in Internet, facente parte del grippo Amazon. A voi le conclusioni.
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Grazie, interessante l’esperimento inglese.