Neuromarketing: la Teoria delle Modalità Cognitive per il brand positioning

Quali parti del cervello entrano in azione quando vediamo una pubblicità o un post su Facebook o Instagram? Ecco come può aiutarci la Teoria delle Modalità Cognitive per posizionare il nostro prodotto.

Stephen M. Kosslyn
è un neuroscienziato cognitivo, professore a Harvard, e Wayne G. Miller invece è sceneggiatore e sono gli autori del libro Cervello alto e cervello basso: rivelazioni sorprendenti su come pensiamo.

I due autori in questo libro vanno ad integrare quanto già pensato nelle neuroscienze sulla suddivisione del cervello nei due emisferi proponendo un modello diverso che lo vede come un sistema integrato dove le diverse parti interagiscono. Il cervello contiene aree che fanno cose diverse, il cui sviluppo relativo determina molto di ciò che pensiamo e sentiamo.

Kosslyn e Miller propongono la Teoria delle Modalità Cognitive, secondo la quale a seconda di quali parti del cervello siano più o meno attive in ciascuno di noi, si determinano quattro modalità principali di pensiero: la modalità dinamica, la modalità percettiva, la modalità stimolativa e la modalità adattiva.

È la svolta copernicana sugli studi del cervello! Questa teoria infatti può aiutarci nel brand positioning usando le neuroscienze e il neuromarketing.

Analizziamo queste 4 identità di consumatori/persone:

MOVER – DINAMICO
Nella modalità dinamica la persona utilizza alternativamente, a scelta, sia il cervello alto che il cervello basso. Quest’azione si traduce in un funzionamento che pianifica a lungo termine con azioni costanti e con conseguenze positive, ma non immediate delle azioni. È la modalità caratterizzante di chi diventa leader. È distintiva di persone che hanno dovuto superare un’infanzia difficile oppure notevoli ostacoli iniziali e contrarietà, conquistarsi un posto solo con le proprie forze, per poi riuscire ad ottenere risultati eccellenti.


PERCEIVER – RIFLESSIVO
Nella modalità percettiva vi è l’utilizzo opzionale e modulare del cervello basso, e non del cervello alto. Questa permette un’esplorazione in profondità del proprio pensiero e delle proprie azioni, situandoli in un’ottica ampia. I soggetti sono quindi schivi, poco inclini ad apparire sotto i riflettori, solitamente non realizzano personalmente dei grandi progetti. Sono quegli individui che a livello calcistico ricoprono il ruolo di mediano, quindi apparentemente non significativi, ma invece molto utili perché caratterizzati dalla riflessività e ponderatezza. Hanno la capacità di evitare gli errori perché hanno obiettivi chiari e certi abbinati ad organizzazione e metodo.


STIMULATOR – CREATIVO
Nella modalità stimolativa vi è un uso intenso del cervello alto, ma non del cervello basso. I stimulator sanno realizzare progetti complessi, spinti da grandi impulsi emozionali ma non sanno sempre gestirne le conseguenze. L’adattabilità ai cambiamenti risulta difficile per una scarsa capacità di modifica dei progetti quando cambiano le situazioni. Sanno essere creativi e originali, ma rischiano di non fermarsi in tempo, a causa di una frenesia ideativa che in alcuni casi riesce a creare problemi a loro stessi e agli altri.


ADAPTOR – ELASTICO
Nella modalità adattiva le persone fanno uno scarso uso tanto del cervello alto che del cervello basso. Gli adaptor vivono il momento presente senza mettere in essere progetti a lungo termine, in quanto sono assorbiti dal contingente e dalle richieste immediate dell’ambiente circostante. Sono spesso giudicati spiritosi e vivaci giacché sanno sdrammatizzare e sono ottimi soggetti di un team, negli sport e nelle imprese di gruppo. L’adattabilità al contesto è la caratteristica chiave che rischia però di portare il soggetto a conformarsi e uniformarsi al luogo e alla situazione senza mai poter pienamente esprimere se stesso.


Evidentemente nessuna di queste quattro modalità di funzionamento integrato del cervello è superiore alle altre tre. Ciascuna di queste è più o meno utile delle altre a seconda delle circostanze in cui ci si trova, a seconda dei soggetti con cui si lavora o si dialoga, a seconda delle proprie fasi di maturazione della vita.

Quindi un marketer o un creativo nella scelta di brand positioning dovrà tener conto di queste 4 possibilità di decodifica da parte del pubblico del messaggio che gli viene inviato.

Con le aziende di cui sono consulente, quando dobbiamo definire il pubblico di riferimento di una campagna pubblicitaria o di una politica di rebranding, abbino queste 4 distinzioni all’analisi delle buyer personas e dell’archetypal branding. Questo ci permette di definire in modo ancor più preciso il cluster che vogliamo raggiungere.

Prova ad utilizzarlo e fammi sapere che ne pensi…

I contenuti dell’articolo sono sviluppati in modo più esteso e dettagliato in questo mio libro.

Editore: Dario Flaccovio Editore
Collana: WebBook
Data di Pubblicazione: 1 settembre 2018 (seconda ristampa aggiornata)
ISBN:
788857907413
Pagine: 340
Costo: 24,65 euro
Formato: brossura

About the author

Brand strategist, esperto neuromarketing e neurobranding e founder laurea Magistrale in Web Marketing & digital communication dell'università IUSVE | Da sempre presente nel mondo social ho coltivato la passione per la comunicazione lavorando in radio come speaker, scrivendo romanzi per ragazzi, insegnando all’università, come brand strategist per aziende e agenzie, tenendo numerose conferenze sul mondo della comunicazione, dell’advertising e del web.
4 Responses
  1. Barbara

    Buongiorno Mariano, questa teoria, con eventuali suggerimenti operativi + presente solo nel libro indicato, o la posso “studiare” nel libro Neuromarketing? grazie mille

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