Il binomio comunicazione e manipolazione esiste da sempre. Ma oggi quale prevale? Possiamo dare alcune regole per comprendere questi due fenomeni che ci circondano e condizionano. Eccole.
Storicamente i ricercatori e gli studiosi hanno sempre cercato di stabilire quanto gli individui siano liberi nelle loro valutazioni. Il pubblico pensa sempre di essere libero nelle sue scelte invece chi studia comunicazione conosce le tecniche e le teorie che permettono di condizionare il pubblico senza che questo se ne accorga.
L’esempio tipico è quello della pubblicità che riesce a influenzarci negli acquisti, benché tutti noi pensiamo di essere esenti dai possibili condizionamenti.
Partiamo dal presupposto che la manipolazione a livello psicologico è un tipo di azione sociale o personale finalizzata a cambiare la percezione o il comportamento dei soggetti usando modelli e metodi subdoli e ingannevoli per guidare le scelte. Questo tipo di atteggiamento è evidentemente sbagliato perché va a limitare il libero arbitrio delle persone.
Vi è anche una manipolazione positiva che potremmo chiamare: influenza sociale. Questa assume una connotazione positiva quando è priva di elementi costrittivi, lasciando libero il soggetto di accettare o rifiutare gli stimoli inviati o i suggerimenti posti in essere. È quindi più corretto parlare di persuasione, più che di manipolazione.
Sono il contesto e le motivazioni a determinare la natura benevola o malevola della persuasione.
È manipolazione o persuasione l’azione pedagogica che un genitore o un adulto compie nei confronti dei propri figli o nei confronti dei minori? Se guardassimo la volontà degli educanti le regole imposte dai genitori sono sempre coercitive e limitanti la libertà. Entra qui in gioco allora un altro concetto che è: il fine ultimo. Il fine ultimo è il vero scopo che s’intende raggiungere. E anche in questo caso sarà sempre il contesto e le motivazioni a decretarne la bontà.
Lo strumento fondamentale per la manipolazione della realtà è la manipolazione delle parole.
Se puoi controllare il significato delle parole, puoi controllare le persone che devono usare le parole.
In questo momento storico, il tema della manipolazione posta in essere dalla comunicazione sta vivendo un dibattito molto acceso ed è centrato sulle Fake news.
Le bufale esistono da sempre nella storia della comunicazione, ma probabilmente con l’esplosione della rivoluzione tecnologica e con l’avvento dei social network, hanno aumentato la loro forza e sono diventate più resistenti e difficili da contrastare rispetto al passato. È un processo che si sta verificando in contemporanea alla crisi dei media tradizionali, dai quotidiani alla televisione, che stanno perdendo audience e credibilità in favore dei social network, ormai considerati delle vere e proprie fonti. Un’involuzione che i media tradizionali faticano ad invertire ed in questo quadro di debolezza le fake news riescono ad insinuarsi con più efficacia.
L’opinione pubblica non sempre ha gli anticorpi, ovvero gli strumenti per riconoscere e smontare le bufale che contribuiscono a costruire l’immagine che abbiamo della realtà.
Le società sono sempre state modellate più dal tipo dei media con cui gli uomini comunicano che dal contenuto della comunicazione.
Questa significa che le fake news influiscono sulla percezione che abbiamo della realtà e della società, manipolando l’opinione pubblica.
Ma anche la modalità di comunicare influenza il pubblico. Un esempio sono i dati della criminalità in Italia che sono diminuiti negli ultimi anni in base ai dati forniti dal Ministero. Ma se noi domandassimo alle persone che ci vivono accanto, sicuramente tutti direbbero che viviamo in una società più violenta di una volta. Il problema è che se in mezzi di comunicazione enfatizzano i casi di violenza è normale che nel percepito del pubblico si depositi questa opinione. Quindi il valore del dato oggettivo, sta diminuendo la violenza, non viene percepito come vero.
Quale può essere allora l’antidoto per non farci manipolare?
Credo siano due le attività che possiamo svolgere: studiare, cioè conoscere meglio il potere della comunicazione e gli strumenti che usa per condizionarci, e l’informarsi con cura, cioè non cadere nelle trappole di chi vuole pilotare il nostro pensiero e le nostre scelte.
Da anni porto avanti la battaglia perché la comunicazione divenga una materia d’insegnamento nella scuola dell’obbligo. È una competenza sempre più necessaria per decodificare il mondo che ci sta attorno, per poter dialogare in modo più efficace e soprattutto per creare una società che sappia svilupparsi eticamente e soprattutto nella verità.
I giovani di oggi si illudono di essere pensanti. Il linguaggio e la comunicazione danno loro l’illusione di stare ragionando.
Ma il cervello arcaico, maligno, è anche molto astuto e maschera la propria azione dietro il linguaggio, mimando quella del cervello cognitivo.
Bisognerebbe spiegarglielo.
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