Il brand positioning attraverso l’utilizzo dei colori e i big data

La psicologia dei colori è una competenza impiegata ancora poco in ambito marketing e branding in Italia rispetto al mondo anglofono. Ecco come utilizzarla grazie ai big data.

I colori sono il sapore del mondo circostante, sono l’elemento vitale degli oggetti, delle persone, ma anche dei pensieri.
Sì, i pensieri sono colorati. Pensate che sogniamo a colori.

Stranamente quando ci approcciamo al mondo del branding siamo sopraffatti da una volontà di giustificazione più delle forme rispetto ai colori.
Tutti i logotipi, oltre ad un aspetto grafico formale, hanno anche uno o più colori che li caratterizzano. Ma pensate a come ci affezioniamo a questi colori e se vengono cambiati come ci arrabbiamo.
Un esempio sono i recenti restyling del logo di Enel, Instagram, P&G che hanno creato malumore tra i graphic designer e anche tra i consumatori. Alcune aziende hanno dovuto anche compiere dei passi indietro e ritornare ai loghi precedenti.

Nel mio libro Brand Positioning riporto il famoso caso di insuccesso delle catene di negozi di abbigliamento Gap, il cui nuovo logo è stato ritirato dopo le accese proteste scatenatesi sui social network a seguito del redesign. È emblematico della portata emozionale che una identità visiva porta con sé e dell’attaccamento che genera nell’acquirente.

Perché però si genera tutto questo?
Il motivo è che la maggior parte dei discorsi sul significato dei colori sono costituiti da intuizioni e aneddoti senza troppe basi scientifiche a loro sostegno.

Il colore infatti, oltre ad avere una proprietà fisica, è principalmente un vissuto psicologico, dal quale scaturiscono i significati emozionali che trovano espressione nelle varie manifestazioni rituali, decorative e religiose. L’esperienza cromatica ha interessato diversi livelli di indagini psicologiche.

In fondo i colori parlano di noi. I colori esprimono un’eterogeneità di sentimenti ed emozioni. Ma come sappiamo ad uno stessa emozione, ogni individuo può dare un proprio significato. Chi lo dice che «ti voglio bene» vale meno di «ti amo»?
Lo stesso vale per i colori. Perché gli stessi colori hanno effetti diversi sulle persone?


La psicologia dei colori ha tradizionalmente descritto il significato psicologico oggettivo delle varie tonalità cromatiche per scoprire le caratteristiche psicologiche. Secondo le teorizzazioni, in genere le associazioni colori-emozioni sono binarie: piacevoli o spiacevoli.
Solitamente si generalizza dicendo che i colori caldi (giallo, arancione e rosso) sono aggressivi, irrequieti o stimolanti e positivi, mentre quelli freddi (violetti, blu e verdi) sono negativi, scostanti e riservati, tranquilli o sereni.

I colori possono così evocare differenti emozioni ma comunicare anche un’ampia gamma di sentimenti, abbracciando la complessità dei vissuti psichici personali connessi ad un determinato colore.

Lo psicologo, psichiatra e filosofo svizzero Max Luscher ha realizzato nel 1949 un interessante Test dei colori.
Basandosi sul presupposto che una particolare attrazione o repulsione nei confronti di un determinato colore siano riconducibili a particolari stati psicofisici ed emozionali che ogni colore ed ogni combinazione cromatica generano nell’osservatore, ha stilato una scala di preferenze.
Nella realizzazione di questo test si è reso conto che le reazioni che provoca il colore nelle persone può cambiare a seconda degli individui e dei vari vissuti individuali.

Si può quindi arrivare a stabilire che i colori parlano di noi, dando precise informazioni su nostri bisogni, desideri, rifiuti, paure, basta saper decifrare il messaggio.

Di fronte però a questa incertezza e ambivalenza percettiva come comportarsi per progettare e promuovere il proprio brand in una strategia marketing efficace?
I big data. Direte: «Che soluzione scontata!» In realtà non lo è.
Io intendo i big data del futuro, quelli in cui si prende in considerazione il pubblico non solo a livello quantitativo ma qualitativo. In cui si analizza il mercato attraverso un’analisi semantica del vissuto del pubblico.

Sono quelli che Paolo Errico, Chief Executive Officer di Maxfone, chiama: narrazioni parallele.
Sono quelle caratteristiche di brand che il pubblico non esprime razionalmente ma inconsciamente.
Sono quelle narrazioni di colore che il pubblico non sa esprimere a parole, ma le vive a livello emozionale.


Alcuni anni fa abbiamo realizzato una ricerca per una grande catena della GDO che doveva commercializzare una private label di prodotti alimentari biologici. Nel brief era obbligatoriamente indicato l’utilizzo del colore verde, perché considerato da tutti come il colore della natura, della genuinità, della tradizione.
Nutrivo forti dubbi su un posizionamento di un nuovo prodotto utilizzando il colore verde e ho proposto due tipi di ricerca: una sul campo e l’altra a livello digital.

La ricerca sul campo, effettuata in 20 città diverse, consisteva nel consegnare a 300 clienti, che si presentavano al supermercato, un cesto in cui potevano inserire dei prodotti, non necessariamente alimentari, che a loro ispirassero la natura, la genuinità e la tradizione (cioè gli elementi che l’azienda voleva trasmettere). L’87% portò dei prodotti del settore beauty e con colore pastello (rosa, azzurro, crema). Solo il 2% di prodotti di colore verde.
La ricerca in campo digital è avvenuta incrociando i dati delle immagini postate nei social network in cui vi era un oggetto, acquistato in un supermercato, abbinato a degli hashtag afferenti all’area semantica della natura, della genuinità e della tradizione. Anche qui i risultati furono in linea con quelli della ricerca sul campo.

L’azienda decise comunque di commercializzare la maggioranza di prodotti utilizzando il colore verde nel pack e sperimentare su un’unica linea i colori pastello. A 4 anni di distanza i prodotti con un packaging di colore verde sono stati ritirati dal mercato, perché non vendevano, e sostituiti con quelli di color pastello. Lo stesso contenuto di prodotto con un pack di color pastello oggi vende bene.


Quindi per un corretto brand positioning è fondamentale l’uso del colore, scardinando quelle credenze che oramai navigano in rete, ma indagando bene sul loro significato reale per i propri clienti.

Qui puoi leggere l’ottimo articolo di Paolo Errico sulle narrazioni parallele a cui faccio riferimento sopra: clicca qui.

About the author

Brand strategist, esperto neuromarketing e neurobranding e founder laurea Magistrale in Web Marketing & digital communication dell'università IUSVE | Da sempre presente nel mondo social ho coltivato la passione per la comunicazione lavorando in radio come speaker, scrivendo romanzi per ragazzi, insegnando all’università, come brand strategist per aziende e agenzie, tenendo numerose conferenze sul mondo della comunicazione, dell’advertising e del web.

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