Il web e i social network alimentano i pregiudizi: il bias cognitivo

Il bias cognitivo è un pregiudizio che non corrisponde all’evidenza, molto riscontrabile nel web e nei social network in quanto le valutazioni dei fruitori rimangono superficiali.

Il bias cognitivo è una forma di distorsione della valutazione personale dell’individuo causata dal pregiudizio. La mappa cerebrale umana presenta bias laddove è condizionata da concetti preesistenti non necessariamente connessi tra loro da legami logici e validi.

Il bias cognitivo, contribuendo alla formazione del giudizio, può quindi influenzare le scelte delle persone. Il soggetto compie di conseguenza azioni logico e semantiche che connesse tra loro portano ad un errore di valutazione o a mancanza di oggettività di giudizio.

Nel web e i social network questi pregiudizi sono facili da imporre in quanto il pubblico abbassa la soglia di valutazione dell’attendibilità della fonte e di conseguenza entrano nelle proprie valutazioni con facilità e diventano successivamente difficili da scardinare.

Un recente esempio è la notizia che Amazon vorrebbe dotare tutti i propri dipendenti di un braccialetto che misuri le proprie prestazioni e movimenti. Viene descritto dai giornali come un metodo per velocizzare il lavoro del dipendente, ma che mette a rischio la sua privacy.


Chiaramente questa notizia falsa ha avuto successo, anche nei telegiornali nazionali che non hanno verificato i fatti e la fonte, proprio perché alimentata dai pregiudizi e dall’immaginario che il pubblico si è costruito su questa azienda. Al momento siamo solo in presenza di un brevetto e il dispositivo potrebbe finire nel dimenticatoio. Del resto sono decine i progetti che Amazon sforna ogni anno e che non sopravvivono al trascorrere del tempo, o al gradimento del cliente. La verità è che Amazon già può monitorare i movimenti dei propri dipendenti con lo scanner palmare che utilizzano per comporre gli ordini. Ma questo dettaglio è stato raccontato con meno incisività.

Durante tutta la vita mettiamo in gioco le nostre facoltà cognitive per decidere che azioni compiere o per valutare le situazioni che si presentano di fronte.

Questo processo è influenzato direttamente da 5 costituenti:
1. esperienza individuale, che è sempre limitata;
2. contesto culturale e credenze;
3. giudizio altrui, che varia dall’attendibilità che il soggetto ricopre;
4. schemi mentali, frutto di studio ed esperienza;
5. paura o ansia di prendere una decisione che possa causare un danno.

Se da una parte questi elementi consentono di prendere una decisione in tempi piuttosto brevi, dall’altra parte ne possono indebolire la validità.
La correttezza di scelta infatti può dipendere da quanto tempo si ha a disponibile per acquisire informazioni o per prendere una decisione.

Essendo il mondo del web e dei social network guidato dall’impulso, dall’emozione, dall’istinto di pancia è molto probabile che le scelte siano più guidate dal pregiudizio più che da una ponderata valutazione.


Di per sé il bias cognitivo non è negativo perché nella vita normale ci permette di prevenire dei pericoli a cui andremmo incontro, se privi di esperienza.

L’applicazione sociologica, e anche comunicativa, del bias cognitivo è il Modello di propaganda. Il Modello di propaganda è una teoria, pubblicata dall’economista Edward S. Herman e dal linguista Noam Chomsky nel libro La fabbrica del consenso, che tenta di fornire un modello di funzionamento della propaganda nei mass media. In questo modello i media influenzano il pubblico attraverso dei pregiudizi.

  • Il primo modo in cui abbiamo messo alla prova il modello ne “La Fabbrica del Consenso” è stato di sottoporlo alla prova più dura: lasciamo scegliere il terreno di confronto agli oppositori del modello. […]
    Abbiamo cioè verificato che modello fosse valido proprio per quegli esempi che gli avversari hanno scelto a sostegno della propria tesi.

    Noam Chomsky
    Linguista statunitense

Il meccanismo del bias viene spesso utilizzato nel marketing e nell’advertising al fine di ottenere un vantaggio nella promozione del proprio prodotto.

Quante volte pur di vendere un detersivo hanno rappresentato i microbi di colore nero? I batteri possono produrre solo tre tipi di pigmenti diversi: piocianina (verde-blu), piorubina (rosso-marrone) e fluoresceina (giallo chiaro). Ma non neri…

Ma il nero, che archetipicamente richiama lo sporco, opposto al bianco, che richiama il pulito, funziona di più a livello comunicativo quindi, pur non corrispondendo alla realtà, tutti ci crediamo.

Il mondo pubblicitario tende ad usare abbondantemente il bias cognitivo piuttosto che descrivere le reali qualità del prodotto. Se poi è un servizio, quindi intangibile, l’utilizzo è quasi dovuto.


Le tecniche per indurre il pubblico in trappola sono diverse: accorciare i tempi di scelta, fare leva sul contesto culturale e sulle credenze popolari, alterare i diversi sensi per creare una instabilità emozionale, fornire informazioni supplementari fuorvianti e non pertinenti.

Un esempio è il famoso paradosso della profezia che si autoavvera.
È una previsione che si realizza per il solo fatto di essere stata espressa. Predizione ed evento sono in un rapporto circolare, secondo il quale la predizione genera l’evento e l’evento riprova la predizione. In psicologia una profezia che si autoadempie si ha quando un individuo, convinto o preoccupato del verificarsi di circostanze future, altera il suo comportamento in un modo tale da finire per causare tali eventi.

Il bias di ancoraggio viene spesso usato nel marketing per la scontistica.
L’ancoraggio è un metodo che guida la propensione a prendere decisioni basandosi sulle prime informazioni ritrovate. Queste prime informazioni divengono il punto di riferimento, l’àncora. Ad esempio, se il prezzo scontato di un prodotto è quello che imposta lo standard nel momento in cui inizia una negoziazione, un qualsiasi prezzo inferiore sembrerebbe ragionevole anche se è comunque superiore al valore dell’oggetto.

Il bias di conferma è un altro fenomeno cognitivo nel quale il pubblico cade facilmente. Essendo un processo mentale che consiste nel selezionare le informazioni possedute in modo da porre maggiore concentrazione, e quindi maggiore credibilità, su quelle che confermano le proprie convinzioni, si finirà di ignorare o rimpicciolire quelle contrarie.
Questo processo, che vediamo abilmente usato anche nella politica italiana attraverso l’utilizzo della rete e dei social network, è uno strumento di potere sociale, in quanto può portare un individuo o un gruppo a negare o fortificare un’ipotesi anche quando falsa.

Come combattere i bias cognitivi?
Studiando, informandosi, verificando le fonti!


About the author

Brand strategist, esperto neuromarketing e neurobranding e founder laurea Magistrale in Web Marketing & digital communication dell'università IUSVE | Da sempre presente nel mondo social ho coltivato la passione per la comunicazione lavorando in radio come speaker, scrivendo romanzi per ragazzi, insegnando all’università, come brand strategist per aziende e agenzie, tenendo numerose conferenze sul mondo della comunicazione, dell’advertising e del web.

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